"Agnus"

Agnus



In Texas c’é una piccola ma vivace cittadina di provincia che si é recentemente macchiata di strani delitti. Strani perché le vittime non sono persone, ma animali da fattoria di piccola taglia. Il misterioso assassino si scaglia principalmente su agnelli, ma anche vitelli, che vengono puntualmente mutilati, spesso decapitati. Lo Sceriffo ha ipotizzato che le violenze potrebbero avere grottescamente motivazioni di carattere sessuale, ma non é facile fare indagini su questo tipo di delitti. Perversioni di questo tipo fortunatamente sono abbastanza rare, ció non toglie che la situazione sia grave. Sono in molti a sperare di poter catturare il colpevole. C’é un’insana voglia di potergli rendere occhio per occhio il male fatto. Per questo lo Sceriffo si sta dando da fare per battere i ranchers sul tempo. Ma come fare? Le vittime non possono dirci nulla e non vi sono testimoni. Lui, inoltre, non lascia traccia. Si puó intuire che il killer degli agnelli conosca bene la zona e le abitudini della gente, si spiegherebbe cosí la sua capacitá di farla franca.
Da qualche settimana gli attacchi si sono moltiplicati e la violenza é andata peggiorando. Forse l’assassino sta iniziando a credere di essere imprendibile, forse la sua mente malata lo sta spingendo ad andare oltre. Nonostante le smentite ufficiali per non allarmare il pubblico, lo Sceriffo e i suoi uomini hanno persino ipotizzato che questo pazzo prima o poi smetterá di attaccare gli animali e passerá agli esseri umani, quando non si sentirá piú soddisfatto.
“Che il diavolo se lo porti”, si sente dire tra i tavolini del bar del paese, “é la gente come lui che deve finire sulla sedia elettrica”, “ma come si fa a prendersela con degli animaletti? Che uomo é?”, “forse non é un uomo, forse é un demone dell’Inferno, o il chupacabra”, “me ne ha giá uccisi sei. Se lo prendo lo inforco vivo!”, questa é gente che non va per il sottile, ma da una parte si puó capire la loro rabbia.
Fuori dal bar giunge un furgoncino rosso. Ne esce un uomo di media statura, stivali, jeans, camicia nera, Stetson, un tipo che da quelle parti si amalgama al paesaggio come un cespuglio secco nel deserto. Lui spinge la portiera con uno slancio della mano e mentre si allontana dal veicolo lo sportello si chiude con un sonoro “slam”. Il furgoncino non ha bisogno di allarme, se fossimo in cittá avremmo giá udito il classico bi-bip del telecomando che innesca l’antifurto. Ma a nessuno verrebbe in mente di saccheggiare il suo pick up, si vede che non contiene gran che: c’é una ruota di scorta, un crick, un paio di corde, un coltello a serramanico, delle tronchesi e qualche cacciavite, utensili che prima o poi possono tornare utili. Il furgoncino ha visto decisamente tempi migliori, ma dopo aver scarrozzato il suo padrone tra terreni accidentati e piane desertiche é diventato una collezione di bozzi e graffi. Le sospensioni sono andate, i sedili e gli interni sono decisamente sgradevoli e maleodoranti, ci sono anche un paio di crepe sul parabrezza e i finestrini non si aprono.
Lui procede verso il bar e fa un’entrata in finta sordina. Ammiccante, ma non eclatante. Il barman lo saluta sventolando una volta lo strofinaccio con cui sta asciugando dei bicchieri, un suo amico al tavolo del biliardo gli fa un cenno spingendo il suo Stetson in su con la stecca, cosí a mostrargli meglio il volto. Ecco, i movimenti del cappello in Texas sono un po’ come i movimenti della coda di un cane. C’é tutta una serie di significati che si possono attribuire alla posizione del cappello sulla testa di chi l’indossa. Per esempio, il gesto fatto dall’amico al biliardo é di benvenuto e rispetto misto a una velata sottomissione. Al corteo dei saluti che si sta man mano svolgendo nel bar mentre la gente si accorge della sua entrata, vanno ad aggiungersi quelli delle due cameriere che gli strizzano l’occhiolino, e quello di un paio di ciccioni intenti a divorare hamburger e patate fritte e a bere birra in boccali da un litro.
Lui va a sedersi al bancone del bar, si accomoda su un alto sgabello con disinvoltura, poi fa un semplice gesto con il ditto indice a indicare “uno” picchiettandolo poi sul bancone. Nel giro di pochi secondi arriva una birra alla spina perfettamente versata in un boccale, lui la impugna, da un sorso e si volta rotando a 180 gradi sullo sgabello senza doversi alzare, per godersi cosí il familiare panorama del locale. Ma quando si volta gli occhi dei presenti si puntano improvvisamente su di lui. La birra che gli é stata servita sta diventando rosso sangue. Quando anche lui se ne accorge, poggia il boccale sul bancone velocemente e maldestramente e guarda il barista come per dire “ma che mi hai dato?” Poi sente che gli sta gocciando qualcosa dal mento, si pulisce col dorso della mano e cosí facendo si rende conto di essere sporco di sangue. Corre via in bagno sotto lo sguardo sgomento dei presenti, si affretta allo specchio e scopre non solo di avere bocca e mento coperti di sangue, ma anche che il suo occhio destro si sta gonfiando. Si bagna con dell’acqua fresca e si tampona con delle salviette di carta, ma il sangue continua a sgorgare. Guardandosi bene allo specchio scopre che i suoi incisivi superiori si sono rotti. Non se ne capacita. Si guarda attorno come per vedere se i denti siano caduti a terra. Si guarda di nuovo allo specchio e scopre che il suo volto si sta facendo fuligginoso. Sta sudando copiosamente, si passa una mano sulla fronte per asciugarsi, ma cosí facendo si sporca ancor piú di sangue e cenere. Si allontana dallo specchio incredulo, ha il fiato pesante, si poggia con le spalle al muro e poi si lascia scivolare sul pavimento. Qualcuno tenta di entrare nel bagno, lui respinge la porta col piede. Dopo un paio di minuti si alza di scatto e torna allo specchio. Scopre che il suo volto non ha piú segni di sangue, i suoi denti non sono rotti, l’occhio non é piú gonfio e non c’é traccia di fuliggine. Batte le palpebre e strizza forte gli occhi. Capisce di aver immaginato tutto.
Torna nel bar, qualcuno lo guarda un po’ preoccupato, lui fa un cenno al barista con la mano per dire che va tutto bene, lascia una banconota da dieci dollari sul bancone e non si cura di prendere il resto. Corre via verso il suo pick up nel parcheggio. Una volta salito sul furgoncino si guarda di nuovo nello specchietto retrovisore, come per una riconferma. Soddisfatto di non avere segni in viso mette in moto e parte sgommando.
Non distante dal bar, mentre percorre una strada provinciale stretta e buia, si accorge di una presenza sul sedile posteriore, si volta e vi trova un caprone che gli bela in faccia. Si volta di nuovo verso la strada, strizza gli occhi con forza, poi in preda al panico controlla di nuovo il sedile posteriore ma il caprone é scomparso. Cosí distratto non si accorge di un animale che gli taglia la strada. É una sagoma scura poco piú grande di un cane. L’auto finisce contro un albero, il suo volto si schianta con forza contro il volante. Gli si rompono cosí gli incisivi superiori e dopo essere rimbalzato indietro inizia a sanguinare proprio come nella sua visione nel bar. Perde conoscenza per qualche secondo, ma poi si riprende. La parte anteriore del pick up é distrutta, il cofano é ancora fumante. Lui tenta di trascinarsi fuori dal furgoncino, ma le portiere sono bloccate. Sul ciglio della strada vede un caprone che lo osserva per qualche secondo prima di dileguarsi nel buio della notte. Lui tenta di rompere il parabrezza per fuggire, ma il veicolo esplode prima che riesca a mettersi in salvo.